I Tutor Ambientali di SOSTECO sono costantemente formati ed aggiornati, e possono guidarti attraverso la complessa e a volte inestricabile “giungla” delle norme sulla corretta gestione delle problematiche ambientali.

Il servizio di consulenza si articola attraverso l’effettuazione di audit e check-up presso le aziende e le attività artigianali ed industriali, verificando le eventuali necessità di adeguamento.

La legislazione italiana, sempre più severa ed articolata, impone oggi alle aziende il rispetto di norme ambientali in materia di scarichi idrici, emissioni in atmosfera, rifiuti, impatto sul suolo, gestione delle sostanze pericolose, etc. Chi lavora in azienda sa bene quanto sia oneroso essere sempre aggiornati sulle normative nazionali, regionali e locali e quanto sia difficile interpretare ed attuare correttamente gli adempimenti richiesti dalle leggi ambientali.

Pertanto, essere conformi alla normativa diventa sempre più una priorità, in un’ottica di gestione del rischio aziendale, viste le pesanti sanzioni anche di natura penale.

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Codice dell’Ambiente

Per “Testo Unico Ambientale” (o, ancor più impropriamente, “Codice dell’ambiente”) si intende il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entrato in vigore nel suo testo storico il 29 aprile di quell’anno, il quale contiene le principali norme che regolano la disciplina ambientale.

In realtà questo decreto (chiamato anche T.U.A.) non è un vero “testo unico”, in quanto non solo non si occupa di tante altre importanti discipline ambientali (per esempio: rumore, elettrosmog, A.U.A., aree protette, ecc.), ma nemmeno nella sua “forma” può definirsi tale, come dimostra, del resto, il suo vero “titolo” (epigrafe): “norme in materia ambientale”.

ADR – Spedizione e trasporto di merci pericolose

Le attività connesse con la spedizione ed il trasporto di merci pericolose sono regolamentate da direttive CEE e da D.lgs soggette a revisioni e modifiche, le quali si basano sulle raccomandazioni del comitato di esperti sul Trasporto di merci pericolose delle Nazioni Unite (ONU). La direttiva per il trasporto stradale è definita A.D.R. acronimo di Accord Dangereuses par Route, accordo europeo relativo al trasporto internazionale delle merci pericolose su strada. L’attuazione della direttiva è stata recepita con D.lgs 35 del 27 gennaio 2010 e s.m.i. Il decreto legislativo pone l’obbligo dell’ADR per tutte le attività connesse con la spedizione, il trasporto, carico, scarico di merci pericolose. La normativa ADR è divisa in due allegati “A, B” costituiti da 9 parti all’interno delle quali il comitato di esperti ONU oltre a tutti i riferimenti operativi legati alla tipologia di trasporto, hanno indicato 13 classi abbinate con una numerazione univoca internazionale alle etichette di pericolo. Le etichette sono formate da un marchio a losanga di dimensioni minime 10X10 cm, recante un pittogramma e nella parte inferiore il numero della classe di pericolo. Ogni classe di pericolo è a sua volta composta da numeri UN definiti rubriche collettive. La classe di pericolo che rappresenta la maggioranza delle nostre attività è la 6.2 MATERIE INFETTANTI. Alle rubriche collettive della classe 6.2 sono assegnate le materie e i N° ONU suddivisi come segue:

  • I1 UN2814 – Materie infettanti per l’uomo
  • I2 UN2900 – Materie infettanti unicamente per gli animali
  • I3 UN3291 – Rifiuti ospedalieri
  • I4 UN3373 – Materia biologica Attraverso la classificazione dei numeri ONU la normativa ADR ci permette di stabilire tutte le informazioni necessarie ad effettuare le operazioni di spedizione carico trasporto scarico.

Gestione dei rifiuti a rischio infettivo

L’11 settembre 2002 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.P.R. 15-7-2003 n. 254, ovvero il regolamento che disciplina la gestione dei rifiuti sanitari e dei rifiuti speciali che per pericolosità risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Con l’entrata in vigore del DPR 254\03 sono abrogate tutte le norme, anche di legge, che regolavano la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari. L’abrogazione riguarda esclusivamente le norme dedicate ai rifiuti sanitari, infatti della precedente normativa sui rifiuti, D.Lgs 5-2-1997 n. 22, “Legge Ronchi”, è stato abrogato soltanto l’articolo 45 che si riferisce appunto ai “rifiuti sanitari”. La principale novità del DPR 254\03, è che questo decreto ha come soggetto i rifiuti sanitari, e le norme in essa contenute si applicano senza distinzione a chiunque li produca. Il DPR definisce come “rifiuti sanitari, i rifiuti elencati a titolo esemplificativo, negli allegati I e II del presente regolamento, che derivano da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del decreto legislativo 30-12-1992, n. 509 (Riordino della disciplina sanitaria), e successive modificazioni, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, diagnosi, di cura ,di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23-12-1978 n.833” (Istituzione del servizio sanitario nazionale). Inoltre sono disciplinate dal suddetto regolamento, anche i “rifiuti speciali prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultino analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, con l’esclusione degli assorbenti igienici.” Sono compresi tra i rifiuti speciali i rifiuti derivanti da attività sanitarie, secondo la classificazione riportata all’articolo 7 del D.Lgs 5-2-1997, n. 22 . Le norme e le leggi citate che individuano i soggetti interessati al D.P.R, sono talmente estensive da ricomprendere tutte le strutture sanitarie (ospedali, case di cura, ambulatori, studi medici) e tutti gli operatori sanitari pubblici e privati, ovvero medici di base, pediatri di libera scelta, odontoiatri, liberi professionisti, ecc. ecc., in quanto produttori di rifiuti speciali. Pertanto sembrano essere interessate dall’attuale legislazione strutture e soggetti fino a ieri esclusi dalla disciplina dei rifiuti sanitari.

L’Amianto

Con il termine amianto (dal greco “incorruttibile”) vengono definiti diversi minerali di natura fibrosa, particolarmente resistenti alle fonti di calore e con proprietà isolanti, di cui l’industria siderurgica ha fatto largo uso (sotto forma di coibente termico, come materiale edilizio e come mezzo di protezione personale), fino all’introduzione degli attuali divieti legislativi.

I manufatti in amianto venivano impiegati in tutte le fasi del ciclo produttivo. In ambito scientifico, la pericolosità per la salute delle polveri d’amianto che si disperdevano nell’ambiente di lavoro, a causa dell’usura dei materiali e delle elevate temperature, è conosciuta da tempo. L’inalazione di fibre d’amianto sui luoghi di lavoro, durante lo svolgimento di mansioni che comportavano la manipolazione diretta di prodotti in amianto, era ed è tuttora causa di malattie professionali come asbestosi, tumori e mesoteliomi.

Per sgombrare il campo da equivoci, si deve precisare che il rischio morbigeno è altresì riconducibile alla contaminazione ambientale degli stabilimenti, riguardando tutti i lavoratori, a prescindere dal tipo di lavorazione effettuata, vista la contemporanea presenza, nello stesso ambiente, di operatori adibiti a postazioni contigue.

La situazione sopra descritta ha suggerito l’adozione di provvedimenti legislativi che hanno imposto, a partire dal 1992, la dismissione dalla produzione e dal commercio dell’amianto e dei prodotti che lo contengono. Il D.Lgs. 277/1991 ha introdotto una serie di misure volte all’adozione di provvedimenti per la tutela della Sto arrivando!lute e per la sicurezza dei lavoratori (individuando valori soglia di amianto ai fini di prevenzione, ovvero valori a partire dai quali si devono attivare adeguate misure di informazione e controllo), che sono poi state riprese dalla normativa prevenzionale successivamente emanata ed ora trovano una organica trattazione nell’apposito Capo III del Titolo IX (relativo alle sostanze pericolose) del D.Lgs. 81/08; mentre la Legge 257/1992 ha disposto la decontaminazione e bonifica dei luoghi di lavoro caratterizzati dalla presenza di amianto, nonché la previsione di benefici previdenziali a favore dei lavoratori che, pur non avendo contratto malattie professionali, fossero in grado di dimostrare l’avvenuta esposizione al rischio di inalazione di polveri e fibre d’amianto.

Per i delitti di cui agli artt. 590 c.p. (lesioni personali colpose) e 589 c.p. (omicidio colposo) commessi con violazione delle regole cautelari in materia di amianto vi sono stati finora numerosi procedimenti nel corso dei quali sono state affrontate le tante problematiche, di natura prevalentemente giuridica, specie in tema causalità, prevedibilità e rilevanza dei comportamenti tenuti dai soggetti che avevano posizioni di garanzia nei vari livelli aziendali, ovviamente nel periodo nel quale si erano verificate le esposizioni indebite dei lavoratori a sostanze ed agenti nocivi.